Il complesso monumentale di San Babila vedeva, accanto alla basilica, da una parte, affacciante sul Corso di Porta Orientale (Corso Venezia) la cappella di Santa Marta con un vasto spazio cimiteriale.
Dall’altra, verso il Monforte, la Chiesa di San Romano.
Secondo un’antica tradizione, le guide di Milano amavano identificare i luoghi in cui sorsero le più importanti chiese della città con gli spazi di precedenti templi pagani.
Il Morigi, nel suo Santuario della città e diocesi di Milano, del 1603, a proposito della chiesa, afferma: “la qual sino aventi che Christo venesse al mondo era il tempio del Sole”.
Lo seguì il Villa, dove, a suo dire, “gli antichi Romani ci avevano collocato la statua del Sole”.
E’ molto probabile la presenza, nei pressi di San Babila, di una porta urbana.
Fu la posizione di tale porta, verso oriente, a far nascere, recentemente, la fantasiosa ipotesi della presenza di un tempio dedicato al Sole, cui si sarebbe sovrapposta la chiesa, visto che nessuna delle basiliche cristiane, poste alla periferia cittadina, è nata dalla trasformazione di un edificio pagano.
I reperti di età romana nell’area si limitano a tre tombe e alcune lapidi e pozzi provenienti dagli scavi eseguiti nel tempo moderno.
Solo alla fine dell’undicesimo secolo si hanno le prime notizie della chiesa.
La testimonianza più antica si trova nella Historia Mediolanensis di Landolfo Iuniore nel 1140 ca.
Tra i documenti conosciuti, vi è una pergamena del 1099, la quale nomina per prima la chiesa di San Babila.
La chiesa eretta nel Medioevo era formata da un particolare organismo, non consueto per il gusto romanico milanese.
Completamente costruita in mattoni, era risolta col linguaggio formale del romanico lombardo.
Oggi, non rimane quasi nulla dell’edificio originale, resta, però, un disegno di un viaggiatore olandese della seconda metà del Cinquecento.
Vi è rappresentata una veduta di prospetto del lato verso il Monforte, con le cappelle, aggiunte in seguito alla prima costruzione, e la parte absidale. Non si vede la facciata, ma si vede il campanile, che si appoggiava sul lato destro, anch’esso decorato ai diversi piani con arcatelle cieche e finestrelle di gusto romanico.
Negli anni successivi alla sua fondazione, la chiesa assunse sempre più importanza, soprattutto dopo la demolizione delle mura di Massimiano da parte di Federico Barbarossa, che mise a ferro e fuoco la città nel 1162.
Venne allora eretta la nuova cinta muraria, più esterna, che inglobò buona parte delle zone di espansione della città.
Anche San Babila divenne intra moenia ed ampliò la sua area parrocchiale.
Vi mancava il battistero.
Mentre, sul lato sinistro, della cappella maggiore c’era la sagrestia.
A sua volta, questa era collegata alla casa dei sacerdoti e, attraverso un portale di pietra, ad un locale della Confraternita di Santa Marta.
Il pavimento era di pietra.
Gli altari erano sette.
Percorrendo i due lati dell’aula, nella navata laterale sinistra c’erano tre altari, appoggiati al muro.
Nel lato destro, dopo il campanile appoggiato alla fronte, si apriva la cappella con l’altare del Corpus Domini, patrocinato dalla Confraternita del SS Sacramento.
Aveva le pareti poveramente dipinte, i cancelli anteriori di ferro, ben quindici finestre tonde vetrate per l’illuminazione. Sulla navatella destra, s’incontrava un piccolo altare secondario che le ordinazioni del visitatore propongono di spostare vicino alla pila dell’acqua santa all’ingresso.
All’imbocco di Porta Orientale, sorge la colonna omonima, sormontata da scultura leonina, che indica la strada per Venezia, in quanto rivolta verso la porta stessa.
Nel 1567, la chiesa aveva due cimiteri: uno, aperto, davanti alla facciata; un altro “a latere manu sinistra ecclesiae”, chiuso da una recinzione, ma così mal tenuto che, nel 1615, si chiederà che il suo terreno sia spianato e vi si tolgano piante e fiori.
Quindi, nel 1719, il muro che lo delimitava venne rifatto per iniziativa degli scolari di Santa Marta, creando, nella parte centrale, una cappella dei morti con funzione di ossario e, insieme, di devozione per i defunti. Nelle due ali di muro che la collegavano sulla destra a San Babila, sulla sinistra a Santa Marta, si aprivano le due porticine di accesso al cimitero.