Archivio mensile:Marzo 2013

Giuseppe Parini

Nato Bosisio il 22 o il 23 maggio 1729. da Francesco Maria Parino, e Angiola Maria Caspana. Altri suoi nomi di battesimo: Antonio-Maria-Gaetano, ultimo di dieci figli.
Il vero cognome del poeta era “Parino”, ma egli stesso poi lo modificò in Parini.

 

Il padre era un mediatore di seta, il che consentiva alla famiglia, pur essendo modesta, di essere considerata fra i notabili. Infatti i genitori venivano appellati col titolo di “Messere e Madama”.
A Bosisio abitò fino al 1739, dopo di chè si trasferì a Milano con la famiglia. Rimase a Bosisio solo la sorella Laura, unica superstite di tanti fratelli.
La casa, già vecchia di due secoli, fu ceduta poi ai nipoti Appiani che la tennero fino al 1930.
Ora la casa è stata ristrutturata ed è diventata Museo pariniano, naturalmente visitabile.
Dell’adolescenza di Parini si sa che fu iniziato agli studi da don Carlo Cabiati, parroco di Bosisio. Alla morte di questo, avvenuta nel 1736, precettore di Parini divenne il nuovo parroco del paese; Carlo Giuseppe Gilardi.
“Gli occhi luminosi del Parini” denotano, secondo l’arciprete di Villa Incino, “il suo precoce ingegno e un segno di intelligenza”.
Grazie ad un’eredità può proseguire gli studi a Milano e in seguito, per automantenersi, fa il precettore presso famiglie nobili.
Intanto legge molti classici e scrive diffondendo le sue idee umanitarie ed egualitarie tipiche dell’illuminismo
Nel 1768 è direttore alla GAZZETTA di MILANO, poi per molti anni insegna belle lettere nelle scuole.
Infine diventa soprintendente delle scuole pubbliche.
Nel 1796 le truppe di Napoleone Bonaparte occupano Milano e cacciano gli austriaci Parini collabora al nuovo governo della città, ma poi l’incarico gli viene tolto perché le sue posizioni sono considerate poco rivoluzionarie .
Muore nel 1799 poco dopo il ritorno degli austriaci a Milano.
Opere
Poesie che si richiamano ai principi dell’Arcadia
Opere di cultura illuministica: “Il dialogo sopra la nobiltà”, “Le odi” e “Il giorno”

Soldi

Fà andà l’ongia
Il detto assume il suo significato se si pensa ad un tavolo pieno di banconote e ad una persona che procede al loro conteggio, facendole passare sopra un’unghia per accertarne l’importo.

Ditta Guenzati

Nel 1768, Giuseppe Guenzati fonda l’azienda che porta il suo nome, in Via dei Fustagnari, al fondaco 1677. Da allora, l’azienda fu trasferita di padre in figlio, fino al 1876, quando la vedova Guenzati la cedette a due dipendenti, Giovanni Battista Tomegno e Luigi Meda.
Nel 1860, il negozio si sposta da Via Mercanti al palazzo delle Assicurazioni Generali, all’angolo con Piazza Cordusio. Successivamente, Tomegno rileverà l’intera ditta, inserendovi i figli Giuseppe, Domenico e Luigi.
Nel 1968, i dipendenti Vittorio Ragno ed Angelo Moretti rilevano la società, impegnandosi a mantenere lo spirito delle origini, cosi come fa il figlio di Vittorio, Luigi Ragno, titolare dal 1982.
Un curioso aneddoto legato alla bottega: Don Bosco, passando da Milano, consigliò ai Tomegno di fare provvista di tela perché quell’anno l’avrebbero rivenduta convenientemente. Così fecero e così avvenne.

Cotechino in umido con le verze

Ingredienti:
500 gr di verza
1 cotechino
50 gr di burro
200 gr di farina gialla
100 gr di parmigiano grattuggiato
sale
Procedimento:
Tagliare la verza a listarelle sottili e disporla in una casseruola con il cotechino, salare e far cuocere per un paio d’ore.
Quando la carne sarà cotta, preparare la polenta facendola cuocere per una ventina di minuti.
Servite il tutto ben caldo.
Il mio suggerimento:
La ricetta originaria prevede di mescolare verza, polenta e cotechino tutto insieme e ladsciar cuocere per almeno altri 20 minuti.
Io preferisco preparare gli ingredienti separatamente e servirli uno accanto all’altro nel piatto di portata.

Lucia Pampuri-Uboldi

Si è affermata nell’agone poetico milanese.
Non risulta abbia pubblicato volumi di versi; versi che sono stati però accolti in vari giornali e riviste, a cominciare da «Il Convivio Letterario ».
Il mondo della poetessa è fatto di piccole cose, che ella realisticamente osserva con attenta perspicuità e cordiale simpatia, senza la preoccupazione di orpelli eruditi.
La rappresentazione è limpida e nitida ed il tono è, generalmente, sereno, non turbato (quale bianca nuvola spinta innanzi dal vento nell’ azzurro cielo primaverile) se non da qualche fugace brivido di malinconia.
Nel 1976 ha pubblicato una silloge delle sua poesie per i tipi del Convivio letterario sotto il titolo “I nott bianch”