Giosafatte Rotondi nasce a Paderno Dugnano, anzi a Dugnano come amava dire, il 31.01.1890 da Irma Rotondi e dall’Ing.
Piero Rotondi, primo di otto fratelli, Giuseppina, Luigi (Gino), Marina, Emilia, Giannina, Maria Antonietta e Elviretta.
Dopo aver frequentato gli studi classici, si laurea in giurisprudenza partendo subito dopo per la grande guerra (1915/18) alla quale partecipa con onore come ufficiale delle batterie a cavallo, ritornandovi con il grado di Colonnello.
Finita la guerra, riprende le sue occupazioni civili e, dopo la morte del padre, diviene Amministratore
Unico della fabbrica di glucosio e caramelle, una delle più importanti d’Italia, sita fra Dugnano e Incirano. Quello stabile, anche dopo la sua trasformazione in edificio abitativo, conserverà nel tempo la denominazione di «la fabbrica».
In questa veste si afferma la sua spiccata personalità di uomo e d’imprenditore.
Disponibile e sensibile ai problemi degli operai, istituisce per loro premi di produzione, ma soprattutto forme di previdenza ed assistenza per i più bisognosi ed a favore dei disoccupati.
Mentalità certamente aperta ed ardita per quei tempi, tanto più che le sue idee innovative sono esclusivamente scelte personali che nascono, senza l’intervento stimolante di qualsiasi forma sindacale, esclusivamente dal grande rispetto e dalla consapevolezza dei bisogni altrui.
Ma già si afferma prepotentemente il fascismo e, l’Avv. Rotondi, intollerante ad ogni forma di cattiveria, di viltà e di prevaricazione, ne diviene in breve un nemico dichiarato e risaputo anche se rispettato e temuto per la sua forte personalità.
In questo periodo la sua poesia diventa satira pungente e la sua indignazione esplode nell’invettiva quando il sopruso offende la dignità.
Dal Senatore Giuseppe De Capitani D’Arzago viene chiamato ad assumere la carica di Capo Ripartizione del Comune di Milano dove si segnala subito per le sue capacità, ma ancora di più per le straordinarie qualità di vero galantuomo.
Nel suo incarico mai si piegò ad un ordine che potesse generare ingiustizia ed offesa ai deboli.
Non per nulla l’allora Card. Schuster lo ebbe a menzionare come uno dei milanesi che veramente facevano onore alla città.
Un giorno nel suo ufficio si insedia un tizio in camicia nera «per ordine della Federazione Milanese» dice egli all’Avv. Rotondi che chiede spiegazioni.
L’Avvocato urlando ribatte deciso che «per ordine del Colonnello Rotondi deve immediatamente andarsene» e lo sbatte fuori senza tanti complimenti.
Dopo l’episodio d’insofferenza al «potere», l’Avvocato viene lasciato al suo posto, ma segnato a dito e vigilato ed è allora che nasce sferzante la sua lirica contro l’Era con la poesia “Insistere”.
Moltissime sono le sue poesie politiche di quel tempo, anche non pubblicate, ma, quando il fascismo viene travolto dagli eventi della Resistenza, allora la sua penna tace perchè egli, tanto impietoso verso il regime trionfante, mai avrebbe infierito sui vinti.
Da questa sua concezione ne deriva la decisione, rispettata ancora dalla sorella Emilia in occasione della ristampa della sua opera, di non pubblicare più le altre poesie politiche. Quanta onestà, quanta rettitudine, che esempio!
Cronista fedele degli eventi storici, ne coglie puntualmente i momenti piu significativi; con grande amarezza ne “L’ultima scampanada”, scritta nel ’43, o con grande speranza ne “L’Orbin de Dugnan”, scritta nel ’49. Nell’atteggiamento dell’eco che guarda alto e sorride al nuovo concerto di campane che salgono verso la cella del campanile, coglie il ritorno della serenità dopo gli ormai lontani rumori di guerra.
Profondamente religioso, sovente troviamo i suoi precisi richiami alla sua fede forte e consapevole pur se non risparmia quelle sue argute “beccate” agli uomini di Chiesa e, nel timore di qualche non voluta irriverenza pronuncia il suo mea culpa nella prefazione a “Sti mè versari”.
Ma nella sua poesia troviamo un altro tema dominante: la sua famiglia.
La devozione filiale e il rispetto verso mamma e papà sono sempre presenti così come appare molto delicato il sincero rapporto con il carissimo fratello Gino e le amate sorelle tra le quali, particolarissimo attaccamento alla sua Elviretta che lui chiamava “el mè Lilin”.
Si ricordi per tutte “Per che costrutt?”, “La Benedizion de Natal” e “El vero Te Deum”.
Come poeta ottiene il massimo riconoscimento nel 1961 con il Premio Gastaldi per la poesia vernacola con il volumetto “La Vos”, ma la sua fama è andata ben oltre l’unico premio letterario (peraltro rarissimi in quei tempi) sino a collocare Giosafatte Rotondi tra i grandi della poesia milanese dopo Carlo Porta e Delio Tessa (del quale era buon amico tanto che il 21 settembre 1939 era vicino a lui mentre moriva).
Muore all’età di circa 80. anni, il primo luglio 1970, lasciando sole le ultime due sorelle Elviretta ed Emilia.
Premio Gastaldi 1961
Opere pubblicate:
“Sti mè versari” Ed. G.Moneta, Milano, 1946 – Ed. Seregni, Paderno D. 1987
La vos (poesie milanesi – Ed. Gastaldi, Milano, 1962)