La chiesa di San Giovanni Battista alla Creta, opera moderna dell’architetto Giovanni Muzio, ha un atrio, a cui si accede da tre porte, che prepara e dispone l’animo all’incontro con Dio, staccando, almeno per un po’, il luogo dell’adunanza dei fedeli dal mondo esterno.
Nelle antiche basiliche, vi era il nartece, un vestibolo nel quale restavano i catecumeni e i penitenti, gli uni perché non ancora battezzati, gli altri esclusi per le gravi colpe commesse.
Nel battistero, si scende per quattro gradini, a significare l’antica vasca nella quale, come Cristo nel sepolcro, scendeva il battezzando per immergersi tutto nell’acqua e risalirne rinnovato dall’azione onnipotente dello Spirito Santo.
In mosaico la scritta sul pavimento: “Caro abluitur ut anima emaculetur”, viene lavato il corpo affinché sia mondata l’anima, richiama il motivo di fondo del battesimo.
Al sommo del soffitto, vi è la raffigurazione dello Spirito Santo, in forma di colomba, che è amore sostanziale del Padre col Figlio, vita, luce, forza.
Le immagini tradizionali del presepio rivestono un loro fascino, in quanto soffuse di dolcezza: Maria, in particolare, che tiene sulle ginocchia Gesù neonato.
A fianco dell’edicola del crocifisso, si accede alla cappella mortuaria della famiglia Cabassi.
Era usanza antica quella di seppellire i morti nelle chiese.
Tale usanza aveva una sua ragione spirituale: la chiesa in muratura significava la chiesa nella quale sono in comunione i credenti, ancora in vita, con i defunti.
Poi vennero le leggi napoleoniche a vietare la sepoltura dei defunti, non solo in chiesa, ma anche in luoghi vicini all’abitato, leggi che divennero comuni a tutta l’Europa.
La famiglia Cabassi è benemerita per aver donato all’Arcidiocesi di Milano il terreno e tutto il complesso parrocchiale.
La chiesa si sviluppa lungo l’asse est-ovest, con una forma volumetrica crescente dalla fronte verso l’abside, fiancheggiata dal campanile, con un altezza della croce di 36 metri.
L’architetto Muzio ha concepito una originale soluzione planimetrica a forma di giglio, che, da una base all’ingresso di 17 metri, si apre a calice per una larghezza di 30 metri sul transetto, ove fanno corona il presbiterio, di 100 metri quadri, dove sta l’altare maggiore, e quattro altari laterali in posizione frontale verso i fedeli.
La disposizione è tale da consentire la visuale da ogni punto.
L’aula della chiesa è divisa in tre navate: la più grande al centro e le due laterali fiancheggiate da sei colonne per parte.
Le dodici colonne rappresentano gli Apostoli, i quali hanno costituito la nuova famiglia, la Chiesa di Dio.
Le pareti di un solo colore invitano ad alzare gli occhi al cielo, dove il soffitto riproduce, in forma di vele, una tenda gettata su traversi.
Lo stupore dell’uomo moderno, nel visitare una chiesa antica, nasce dallo scoprire la bellezza dei mosaici che raccontano completamente sia il Vecchio che il Nuovo Testamento; le pareti, un tempo, erano enormi fogli di lettura, dove ogni credente si fermava a conoscere la vera storia dell’umanità, raccontata con l’aiuto di Dio. Adamo, Noè, Abramo, il diluvio universale, la torre di Babele, il Re Davide, i Profeti, divenivano personaggi del presente, perché ognuno vi si poteva scoprire.
Col sistema pittorico dell’affresco-graffito, il soffitto della chiesa ripete tutta la storia, partendo dalla Creazione, per passare alla manifestazione totale di Dio nel figlio Gesù, sino a giungere alla fine del mondo con la sua creatura, la Chiesa. Sono sei grandi lavagne che riproducono il cadere del tessuto gettato sulle travi di una enorme tenda; come vele che spingono lo sguardo più avanti.
La prima vela apre il grande discorso: “In principio, Dio creò il cielo e la terra”.
Il tutto è raffigurato in una fetta di terra, dove fioriscono piante e cespugli al calore del sole e sotto la luce della luna e delle stelle, mentre gli uccelli fendono l’aria e sulle acque giocano i pesci.
La seconda vela segna la manifestazione di Dio a Mosè, scelto per fare di Israele un vero popolo, con leggi ricevute da Dio stesso.
Ne sono simbolo il roveto ardente dentro il quale Dio parla a Mosè e le due tavole della legge.
Il testo è tratto dalla Bibbia: ”Queste sono le leggi che il Signore vostro Dio ha ordinato d’insegnarvi”.
La terza vela fa passare da Mosè ai Profeti, “gli uomini che Dio sceglie per sostenere l’Israele di Dio nella sua missione di portatore di speranza messianica”.
Tra le profezie dette messianiche, quella di Malachia precisa il luogo dove il Messia nascerà: la città di Betlemme, con scritto: “E tu Betlemme non sei l’ultima tra le città di Giuda, perché da te nascerà il Messia”.
La quarta vela accenna a tre temi fondamentali, rivelatori di un Dio padre pieno di bontà e di misericordia, infinitamente giusto.
Il tema della Provvidenza è illustrato da piante e fiori.
Il tema della Misericordia è illustrato da una casa, dove, sullo sfondo, s’intravede un uomo in attesa ed in basso un giovane che ritorna stanco e povero; è Cristo stesso che ha voluto descrivere l’amore del Padre, nella parabola detta del Figliol Prodigo.
Il tema della Giustizia è raffigurato dalla bilancia, dove i piatti sono sulla stessa linea.
Solo Dio può operare una vera giustizia, perché solo lui conosce a fondo l’uomo, sua creatura.
La quinta vela riprende il tema di Dio, con due pitture: alla sinistra, un altare col candelabro a sette braccia, simbolo, presso il popolo d’Israele, dell’Onnipresenza ed Onniconoscenza di Dio, con la scritta a fianco
“Questo è il primo comandamento: ama Dio con tutto il tuo cuore”. Sulla destra, la scena del Buon Samaritano, la più bella, la più affascinante storia dell’amore di un uomo per un proprio simile.
È il secondo aspetto di un unico amore, spiegato nel Vangelo: “Il secondo comandamento è simile al primo: Ama il prossimo tuo come te stesso”.
La sesta vela lo riassume e lo condensa con le parole dell’evangelista Giovanni: “Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo Figliolo unigenito, perché chi crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna”.
La grande vela sopra l’Altare Maggiore, che chiude il discorso biblico e lo apre sull’Eucarestia, richiede un discorso a parte.
Al centro di essa, campeggia la Croce, piantata su una altura di roccia, da cui sgorgano sette ruscelli. Ognuno di questi porta il nome dei sette Sacramenti: Battesimo, Cresima, Eucarestia, Penitenza, Olio degli Infermi, Ordine, Matrimonio.
Il significato teologico è molto chiaro: i Grandi Doni, i Sacramenti, sono venuti all’uomo dal Dono che Cristo ha fatto di sé al Padre, un Dono giunto all’estremo delle umane possibilità e concretizzato nella Passione e Morte in croce.
Gesù Cristo apre col Dono d’amore la corrente di vita tra l’uomo e Dio Padre, che il peccato del primo uomo aveva volontariamente chiuso.
Al di sotto di questa vela, in dimensioni che dal basso non si riesce a valutare, su una trave che taglia tutta la luce del presbiterio, poggia un enorme crocifisso in bronzo, opera dello scultore Angelo Bianchi, premiata alla Biennale di Venezia.
Non è una ripetizione del crocifisso sopra dipinto, ma la traduzione in scultura di un Cristo sofferente, agonizzante e morente in croce per la salvezza del mondo.