Nasce a Milano nel 1710.
Di buona e antica famiglia, ma in quel periodo di modeste condizioni economiche, riesce comunque ad affrontare gli studi letterari e a trovare un impiego decoroso, contribuendo a far “rinascere a Milano il gusto delle lettere”. E Porta lo colloca fra i cinque “omenoni proppi de spallera” (Carlo Maria Maggi, Domenico Balestrieri, Carl’Antonio Tanzi e Giuseppe Parini) nel suo sonetto:
Ma ha salute cagionevole e quindi si ammala precocemente di tubercolosi.
Ciononostante affronta la vita con coraggio e ottimismo. Dice di lui il Parini: “La fisonomia dell’animo era nella persona: alto di statura, grand’occhi neri vivaci, gran naso aquilino, tratti del viso aperti e fortemente scolpiti, parlare e movimenti vibrati e risoluti (…) di voce aggradevole e bravissimo declamatore.”
E’ segretario dell’Accademia dei Trasformati, creata nel 1546, ma rinata nel 1743 e gode l’amicizia di tanti letterati lombardi, tra cui in particolare Domenico Balestrieri, con cui portò avanti la “Brandana”, una vivace polemica fatta di opuscoli e composizioni poetiche contro il padre Onofrio Branda, autore nel 1759 di un Dialogo sulla lingua toscana in cui irrideva all’uso del dialetto.
Muore il 18 maggio 1762, proprio a causa della tubercolosi e l’amico Balestrieri gli dedica una poesia in milanese, che è uno dei suoi capolavori.
Opere
– Alcune poesie milanesi, e toscane
– Nuova antibrandana
– Poesie di Girolamo Birago, Pietro Cesare Larghi, Stefano Simonetta
– Le poesie milanesi
– Can bianco