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Amalia Gola Sola

Figlia del Conte Gianludovico Sola Cabiati, ultimo rappresentante della famiglia Serbelloni
Storica dell’arte e poetessa.
Della sua poesia dialettale dice Ferdinando Cesare Farra
“Notevole è in questa poetessa (e filologicamente interessante) l’uso di arcaismi (essa stessa si definisce «purista»), in parte come deliberata ed amorosa volontà di conservazione delle locuzioni ataviche, in parte come conseguenza di una lunga consuetudine col nostro maggiore e più autorevole lessico meneghino.”

Sue opere:
1954 Poesie Milanesi – Ed. Ceschina, Milano
1966 Milan al ciar d’on ciarin (Poesie milanesi)
1969 A mes a mes (Poesie milanesi) – Bramante Editrice, Milano
1973 Il fiamminghino. Il pittore tragico: Giovanni Mauro della Rovere ed. Ceschina

Francesca Giussani Ornago

Nascevo in una torrida giornata di luglio nel cuore di Milano, in quella via Bigli, allora silenziosa, nella casa che ebbe tra le sue mura il famoso salotto della contessa Maffei e che ospitò Einstein, fugacemente milanese – come testimoniamo le lapidi apposte sulla patrizia facciata – da famiglia tutta milanese: padre e nonno bancari, madre e nonni musicisti, tutti musicofili; un impasto singolare.


 

L’ombra della Madonnina mi accompagna fino in età adulta.
Abito in via Manzoni, frequento il ginnasio dai Barnabiti, sfollati come noi in Brianza, continuo a Milano fino alla maturità.
Mio padre mi manda ad una scuola di pittura – mirava alla ‘ceramica’, professione che riteneva adatta ad una fanciulla di buona famiglia – prima di scomparire prematuramente, per un infarto senza appello.
Mia madre mi intima i dieci minuti al giorno di scale al pianoforte.
Io preferisco le lingue e studio inglese al ‘British’.
Mi servirà molto di più che olio e tempere e balbettati solfeggi.
Mia nonna materna viene ad abitare con noi e vi porta la sua simpaticissima presenza, il suo fiorito, arguto, bel milanese ‘dabbene’, il suo spirito, le sue massime di cui imbeve il nostro lessico.
Mia madre, dolce e splendida, diplomatasi diciassettenne al Conservatorio di Milano, per qualche anno intraprende la carriera concertistica sulle più prestigiose piazze europee, poi, vuoi per via del matrimonio, vuoi per la responsabilità del nome che doveva reggere sulle sue fragili spalle – un nome impegnativo come quello di Paganini, celeberrimo avo – ripone il violino (peccato!) e solo di rado rispolvera qualche sonata esclusivamente ad uso domestico.
Mia nonna esala, con il suo ultimo respiro, quella bella parlata meneghina che mi resta impressa e che non deve rimanere silenziosa.
E lì quello che bolliva in pentola trabocca, sotto forma di versi di circostanza, per qualche evento particolare, per colorire le riunioni con gli amici.
Frequento una scuola ‘specializzata’ al Filologico e alla Famiglia Meneghina, imparo la corretta grafìa, scopro una nutrita letteratura al di là dell’inflazionato celebre Carlo Porta.
Mi appassiono, cambio stile, catturo idee, di giorno, di notte, in auto, in città, in vacanza, in salute e in malattia, idee che lasciano abbacinata mia madre, interdetto mio marito, perplesse le mie figlie, benevolmente impressionati gli appartenenti all’ambiente meneghinofilo.
Mi avventuro per Concorsi con risultati assai soddisfacenti.
Divento Membro dell’Accademia dei Dialetto. Mi faccio amici ineguagliabili di cui godo la stima. Mi sento gratificata, forse perché ‘ho fatto di più’.
Raccolgo tutto in un piccolo libro: “Domà per tì” (fuori commercio)
Ma qualche stilla di linfa è rimasta nella penna, ed ecco il mio secondo libercolo: “Pagin” (anche questo fuori commercio). Che cosa può volere di più una casalinga ormai ben al di là del mezzo del cammin di nostra vita?” Un bel rícordo per le figlie e ‘i nevod se ghe sarann…’ e perchè porre limiti ecc. ecc.? Magari la terza lapide sulla casa di Via Bígli…

1985 Premio Anna Carena

Premio Alpe

2006 Premio Dino Gabiazzi

Antonio Ghislanzoni

Nasce a Barco di Maggianico (Lecco) Il 25 novembre 1824 e muore a Caprino Bergamasco 16 luglio 1893.
Scrittore e librettista.


 

Il padre l’avrebbe voluto ecclesiastico; invece studia medicina a Pavia e poichè possiede una bella voce baritonale, studia anche canto e nel 1846 viene scritturato presso il teatro di Lodi come primo baritono. Abbandona poi la scena per la carriera letteraria (Scapigliatura)
Scrive articoli per riviste d’arte (Cosmorama Pittorico),  giornali umoristici (L’uomo di pietra- 1857) un primo romanzo, Gli artisti da teatro, parzialmente autobiografico. Dirige e redige altri giornali.
Collabora con musicisti e compositori famosi per i quali scrive ben più di 60 libretti d’opera
La sua collaborazione con giornali repubblicani (essendo ideologicamente mazziniano) lo costringe a rifugiarsi in Svizzera, dove però viene ugualmente arrestato dai francesi e deportato in Corsica.
Suo è anche il volume Reminiscenze artistiche, che contiene notizie sul pianista Adolfo Fumagalli e un episodio intitolato La Casa di Verdi a Sant’Agata.

Gianlorenzo Garavaglia

Nasce nel 1889.
Alla Musa milanese il Garavaglia ha dedicato alcuni volumi quali:
El berett incantaa,
Ritaj de temp,
Stemm su allegher


In un dialetto che egli parla ed usa con sicurezza (nè ignora il gergo milanese e lombardo, continuando una tradizione già viva ai tempi della commedia dell’arte e nello stesso Settecento, come, ad esempio, in Carlo Antonio Tanzi) il Garavaglia ha svolto una moltiplicità di temi, tratti e dalla viva osservazione della realtà circostante e dalla sua stessa preparazione umanistica.
Vicino a temi presentati con un’arguzia e vivacità, che ricordano il Balestrieri, il Bossi, il Raiberti (taluni male nascondono, invero, una visione alquanto scettica del mondo), altri mostrano un alto senso morale della vita e un profondo senso umano.
Essenziale ed efficace riesce nelle descrizioni d’ambienti (come ad esempio: In contrada veggia ).
In qualche poesie, come in El funeral de Soa Eccellenza, non manca, così nell’impostazione del fatti come nel dialogo, la eco del modello portiano.

Gianfranco Gandini

Nato ad Affi (Verona) il 3 marzo 1945 perchè – come dice lui -“.. gh’era la guerra, ma seri giamò resident in via San Gregori al dersett, perché el mè papà l’era on milanes doch e de tanti generazion…”


 

E’ Vice presidente nell’Associazione ex-Martinitt con l’incarico di responsabile della Commissione Cultura.
L’incarico prevede, fra l’altro, la creazione del calendario associativo che ormai da anni è improntato alla milanesità.
Infatti, oltre ad immagini di Milano e dintorni il calendario è arricchito da dodici poesie di altrettanti bravi poeti meneghini.
Nel giornale “la voce degli ex Martinitt” è titolare della “Rubrica Meneghina”.
E’ Presidente dell’Accademia del Dialetto Milanese, direttore del periodico Sciroeu de Milan, edito dall’Accademia del Dialetto Milanese.
Giurato nel premio di poesia (italiana) della Parrocchia di San Cipriano, Milano.
Ha tenuto conferenze sulla storia dei Martinitt e degli ex Martinitt e su storie e leggende su vie e contrade di Milano, presso il Circolo Filologico e l’Umanitaria, conferenze che ha avuto modo di ripetere in altri circoli culturali.
Presso l’associazione degli ex Martinitt ha organizzato il concorso di pittura e poesia dialettale “Milan che ‘l se moeuv” concorso che ha avuto fra gli altri giurati Liliana Feldmann, il prof. Pier Gildo Bianchi, il prof. Ogliari.
E’ stato più volte ospite in trasmissione con Roberto Marelli dove ha avuto modo di parlare delle cose milanesi.

Pubblicazioni
“Freguj d’eternita”, “Maschere” – poesie in dialetto milanese
“Quando ero felice”  – in italiano.